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NEVERLAND - UN SOGNO PER LA VITA
(FINDING NEVERLAND)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 22 marzo 2005
 
di Marc Forster, con Johnny Depp, Kate Winslet, Radha Mitchell, Dustin Hoffman, Julie Christie (Stati Uniti, 2004)
 
Non sarà un genio e circola un po' troppo nei dintorni sempre sospetti delle zone oscarizzabili il grigionese emigrato ad Hollywood da ormai una decina d'anni (dopo essere stato ignorato in patria anche dal festival di Soletta). Ma dando seguito al coraggioso impegno civile che contraddistingueva la prima parte di MONSTER'S BALL le buone maniere di Marc Forster finiscono per essere nuovamente premiate. NEVERLAND non rivoluzionerà l'arte di far cinema: prova ne sia che in questo inno al potere dell'immaginazione e dell'innocenza poetica infantile le cose meno riuscite finiscono per essere proprio quelle che aspirano al fantastico. Quadri animati, allegorie teatrali con fauni e folletti immersi nei vapori dorati di quell' “Isola che non c'è” alla quale si affida il protagonista per evocare ai suoi interlocutori l'energia e la consolazione del Meraviglioso: tutta una sottospecie generosa ma certo piuttosto impacciata di un Tim Burton di SLEEPY HOLLOW o di BIG FISH.

Ma la storia del drammaturgo James Barrie, che all'inizio del Novecento trova l'ispirazione al proprio capolavoro Peter Pan convivendo con i quattro figlioli di una vedova incontrata a Kensington Gardens, traduce emozioni ed equilibri che molte delle banalità di largo consumo che invadono gli schermi farebbero bene a non disdegnare. NEVERLAND è un melodramma ai margini dei toni lacrimosi e sdolcinati. Ma è proprio nella giustezza dei toni di questi rapporti famigliari che il film trova una sua precisa collocazione: nello splendore autentico degli ambienti del cimitero di Brompton, del Saville Club o del Richmond Theatre, i dialoghi sono limpidi, gli interpreti perfetti, Johnny Depp ispirato e commosso, Kate Winslet e la Radha Mitchell di MELINDA non sbagliano un accento, Dustin Hoffman si ricorda di essere stato Capitan Uncino per Spielberg e Julie Christie sembra la strega di Biancaneve nei panni della nonna dei ragazzini. Abbastanza per convincerci, come si voleva, che divenire adulti non significa rinnegare la propria parte d'infanzia; né tanto meno la nostra facoltà di meraviglia.


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